curiosità stroriche padovane  1°

CAMPANILE NASCOSTO

Sembra impossibile che si nasconda un campanile, un vero campanile di media altezza, con le sue campane. Eppure i padovani ci sono riusciti. Chi passi per via San Francesco vicino alla bella chiesa omonima (veramente anche questa bisogna entrarci per capire com'e grande, e piena di tesori d'arte) non ha la minima idea che la chiesa sia munita di campanile.

I costruttori lo celarono cosi bene che la dottissima guida di Padova edita nel 1961 dalla Cassa di Risparmio,
curata dai più esperti e profondi conoscitori della nostra città, non lo nomina neppure. Per lo meno, cercando e ricercando, io non I'ho trovato.

Forse, "penso, non sarà cosi bello da meritare una menzione e una fotografia. A me pero non sembra brutto,
con quella sua cella campanaria cosi graziosa, con la cupola slanciata e con qualche piantina nata per caso,
che lo orna capricciosamente. Direi che e del cinquecento, rna confesso che non ne sono sicuro.

Adesso spiegherò come si fa a scoprirlo. (Intendo da terra, perche dall'aereo o da qualche altro campanile o
da un grattacielo certamente lo si vede). I punti da cui si scorge sono tre. Cominciamo dal più lontano: da via Facciolati, ponendosi in fianco della canonica di San Prosdocimo e guardando verso la porta Pontecorvo, a destra della porta, lontano, lontano si vede questo campanile misterioso.

II secondo punto e nel cortile d'ingresso alla Scuola media « Pascoli » in via Galileo Galilei numero 27. L'edificio scolastico e quasi alle spalle della chiesa di San Francesco, ma essendo l'entrata al cortile abbastanza lontana, il campanile si vede per più d 'un terzo della sua altezza. Ma il vero punto, il punto « bello », il punto « padovano », e il terzo. Chi da via Santa Sofia si dirige verso via San Francesco, poco prima di raggiungere l'incrocio, precisamente davanti all'osteria di « Nane dela Giulia» esca dal portico e si metta davanti all'ingresso di « Nane ». II campanile gli apparirà in tutta la sua bellezza e la sua grazia vetusta. E già che e vicino entri anche da « Nane dela Giulia ». Vedrà una tipica osteria del buon tempo andato padovano,. (andato per modo di dire, perche il luogo e ancor oggi un centro di vita).

II locale di per se e antico e interessantissimo. Si trova nello stesso edificio dov'e (al primo piano) la bella Sala della Carità. L'osteria ha per soffitto un solidissimo arco a tutto sesto. A destra, appena si entra, c 'e un quadretto firmato Tommasi (quello che dipinse il Teatro Verdi nel 1919-20), il quale rappresenta appunto la veduta del campanile di San Francesco dall'entrata di « Nane dela Giulia ». Si vede che era piaciuta anche al pittore. Appesi a uno dei lunghi ferri sottesi all'arco del soffitto sono vecchi oggetti caratteristici d 'una cucina padovana con i famosi « rami », orgoglio e vanto della buona massaia d'un tempo. Alle pareti quadretti con stampe vecchie anch'esse e curiose: grossi frati gaudenti, una satira caricaturale illustrata sul nuovo (cent'anni fa) Regno d'Italia.

Quest'ultima e assai divertente ed ha spunti che sono validi anche ora. Talvolta si vede, appeso a una parete, un foglio-programma per qualche gita combinata fra i clienti abituali. Naturalmente vi si pub mangiare (ci sono piatti freddi sempre pronti e vi si fa anche cucina) ed ancor più bere, e bere bene, perché il padovano in fatto di vino e appassionato e intenditore.

La provincia di Padova e produttrice di vini di vario genere, da quelli comuni a quelli « raffinati» bianchi e neri. Non sono vini famosi, ma sempre, anche se modesti, onesti. Un tino che oggi si trova di rado, ma che una volta era assai noto e il « marzemino ». Chi ha il privilegio di poterlo assaggiare ne resta incantato e non se lo dimentica più.

Quella buona lana del Da Ponte (del quale narrammo in un altro volume una bizzarra avventura padovana) nel suo libretto per il Don Giovanni (capolavoro di Mozart, vertice del melodramma) se ne ricordo. Infatti nella scena del pranzo (ultimo atto) , poco prima che giunga Donna Elvira, Don Giovanni dice al servo Leporello:

( Versa il vino. (Leporello versa il vino nel bicchiere) Eccellente marzimino! ».
« Marzimino » e un « capriccio» del Da Ponte invece di marzemino che e la voce corretta).

Chissà se gli spettatori di New York o di Londra, di Sidney o di Mosca sanno che il migliore marzimino o marzemino si beveva (e si beve anche oggi, a trovarne) a Padova.

II Don Giovanni, com'è noto, si canta dovunque in italiano: non esistono traduzioni del libretto se non per la Lettura. I cantanti inglesi, per esempio, con le loro difficoltà di pronuncia, vi aggiungono involontariamente
dei particolari comici talora molto spassosi. Dal campanile nascosto a « Nane dela Giulia». a via San Francesco, a via Santa Sofia. Questa e Padova, questa è la« nostra» città, col suo volto inconfondibile, come una persona viva.

Non e « americana », o «( nordica», ma veneta e, in particolare, proprio padovana, un po' chiusa, segreta ingrugnata come i suoi abitanti d 'un tempo e di sempre, poiché, malgrado lo sviluppo e I'immigrazione, il cittadino di Padova, vecchio o nuovo conserva o assume il « carattere » che lo distingue dagli altri. Padova e, come si diceva che fosse la Cina d 'una volta, una città che «( assorbe» i nuovi abitanti e li fa « suoi » in breve volgere d 'anni, salvo si capisce le necessita e gli usi della vita moderna, più veloce e affannosa


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Ignazio Sommer (Merzio)